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Avvento delle Ombre - Capitolo 31

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Capitolo 31: La Sala Centrale

Lothar dello Scirocco non aveva tempo di preoccuparsi degli scontri degli inattesi alleati, poiché subito il gigantesco e selvatico guerriero nero di nome Kurnak si era lanciato contro di lui.
Quando aveva fatto esplodere il proprio cosmo, travolgendolo, istintivamente le correnti del caldo vento che dominava, lo avevano protetto, assieme alle fiere sabbie delle sue terre, ma ciò non era bastato a sedare la furia avversaria: il massiccio nemico gli si era avventato addosso, sferrando pugni ricarichi d’energia cosmica, che iniziarono, con facilità, a superare le sue difese, cozzando sulle vestigia già danneggiate nello scontro con Orione Nero.
Fu a quel punto, schiacciato da quella fitta esplosione di rabbia e violenza, che Lothar richiamò a se le Sabbie dello Scirocco, scatenandole contro il nemico e scagliandolo qualche passo indietro.
Il silenzioso avversario, dal canto suo, con un grugnito ed una capriola riatterrò sul terreno, esplodendo in una nuova ondata d’energia e dicendo, per la prima volta, una parola, preavviso di un suo possente attacco: “Kraz!”.
Ali di oscure piume d’energia s’aprirono attorno al Corvo Nero, abbattendo la loro furia su Lothar, che non trovò nelle correnti dello Scirocco una difesa sufficiente a proteggerlo e venne sbalzato indietro di diversi metri, con le vestigia ancora più danneggiate, ferito, si rialzò però in piedi, deciso a continuare la battaglia finché la donna di quel trio di invasori non gli avesse detto quali erano state le sorti del suo insegnante, Favonio di Levante.
E proprio verso la donna nemica lo sguardo di Lothar si rivolse un istante, il tempo necessario perché il nero avversario lasciasse di nuovo esplodere le proprie energie, costringendo il Dominatore dei Venti a sollevare un vortice di sabbie e vento attorno a se, sollevandosi dal suolo e compiendo, in tal modo, una capriola a mezz’aria, “Sabbie dello Scirocco, colpite!”, invocò scatenando la tecnica base contro il Corvo Oscuro.
“Kraz!”, urlò furioso Kurnak in risposta, ricacciando indietro le sabbie avverse e sfruttando l’esplosione del proprio potere per lanciarsi verso il Dominatore di Eolo, intento a poggiare nuovamente i piedi a terra; e proprio in quella posizione sbilanciata lo colpì, investendolo con una violenta spallata all’addome, sbilanciandolo, danneggiandone le vestigia e scagliandolo al suolo, qualche metro più indietro, dolorante.
Non ebbe nemmeno il tempo di alzarsi Lothar, che già il massiccio nemico premeva con il piede sul suo petto, mentre il braccio sinistro veniva circondato da una tetra e densa energia, sempre più simile al becco del volatile che rappresentava.
“Gienah!”, urlò Kurnak, ma il Dominatore dei Venti non rimase immobile ad aspettare l’ineluttabilità del destino, richiamò a se quante forze aveva ancora in corpo e le lasciò esplodere a sua volta: “Ghibli, scatenati!”, urlò il guerriero dello Scirocco, mentre nel piccolo spazio fra i due si confrontavano l’attacco che aveva preso la vita di Ekman dell’Ostro, con l’assalto che principalmente aveva avuto ragione di Kris di Orione Nero.
La detonazione fu impetuosa, tale da sollevare in aria Kurnak e lasciarlo ricadere diversi metri più lontano al suolo, in una parabola che catturò l’attenzione persino dei tre guerrieri ancora vivi in quella stessa Anticamera.
Lothar, al contrario, fu spinto ancora di più nel terreno, mentre sempre meno frammenti restavano di quelle che un tempo erano state le vestigia dello Scirocco; con il corpo martoriato dalle ustioni da gelo ed i tagli di spada del precedente incontro, cui si univano ora le abrasioni dovute ai violenti attacchi del nero nemico ed i graffi della sabbia che lui stesso comandava, fu però proprio il Dominatore dei Venti il primo a rialzarsi ed a guidare quella stessa corrente sabbiosa attorno al nemico, mentre cadeva al suolo, intrappolandolo in un gigantesco cubo di pietra.

Poco lontano, Cassandra di Canis Maior stava ancora combattendo contro Megara dell’Ofiuco Nero.
La sacerdotessa di Atena brillava nel cosmo lucente, il pugno fermo, malgrado la nuova ferita apertasi sul suo corpo, che andava ad aggiungersi all’esagerato numero di colpi subiti durante gli scontri in Polinesia e, successivamente, nella precedente battaglia contro Syrin della Bussola Oscura; al contrario, la sua avversaria era visibilmente rilassata in volto, quasi dispiaciuta per come lo scontro stava portandosi avanti.
“Ti concedo un’ultima possibilità, Cassandra, rinuncia alla battaglia e ti lascerò vivere.”, la avvisò decisa la nera guerriera, con un sorriso sincero sul viso, o almeno quello, per quanto incredibile, gli sembrava di vedere sul volto smascherato della vecchia compagnia d’addestramenti alla sacerdotessa di Canis Maior.
“Non posso arrendermi! Lo sapresti se fossi rimasta con noi, le consacrate ad Atena non possono rinunciare a combattere fino all’ultimo per ciò in cui credono!”, ribatté decisa la giovane allieva di Olimpia.
“Non è stata per mia scelta che sono stata imprigionata e questo lo sai bene, Cassandra!”, ribatté rabbiosa Megara, scattando all’attacco.
Un primo diretto destro cercò il volto della sacerdotessa, che prontamente alzò l’avambraccio sinistro, bloccando l’impatto, ma avvertendo tutta la violenza del movimento.
“Avrei voluto restare ad Atene, tutte noi lo avremmo voluto! Ippolita, Umba, credi che loro aspettassero l’occasione per essere ripudiate, dopo tanti addestramenti, ed imprigionate su un pezzo di roccia maledetto? Credi che io, loro, o l’uomo che amo lo volessimo?”, ruggì la nera guerriera, approfittando della scopertura nemica per sferrare un montante sinistro allo stomaco, che colpì la sacerdotessa nella zona dove non vi erano più vestigia a proteggerla.
“Umba ha abbandonato la sua fede nella Giustizia per ultima, lei che di tutti noi era la maggior vittima! Lei ha cercato di resistere in quel luogo mantenendo il credo delle sacerdotesse guerriero e cosa ne ha ricavato? Niente, semplicemente ha poi scelto un maestro per se!”, continuò, sferrando una gomitata verso il collo dell’altra, ancora piegata dal pugno precedente.
“Ippolita si è distaccata da tutto, addestrandosi pressoché da sola per anni, finché non ha avuto la forza di conquistare un’armatura!”, ricordò rabbiosa Megara, prima di fermarsi dinanzi alla sacerdotessa, in ginocchio dolorante.
“Senti i loro cosmi? Li hai riconosciuti mentre combattevano ad Atene? Io sì, non so chi fossero le persone che hanno affrontato, ma ormai sono morte! Lo capisci?”, le domandò con le lacrime agli occhi l’Ofiuco Nero, “Mi dici che non conosco il credo delle sacerdotesse guerriero? Ebbene, io conosco quelle delle sacerdotesse rinnegate, che devono vivere con la negazione di tutto ciò che hanno appreso e devono diventare forti a sufficienza per resistere alla dura realtà che gli si pone davanti.”, affermò con voce spezzata Megara, sollevando il braccio sinistro sopra il capo.
Un nero cosmo le circondò le dita, disegnando il volto di un serpente oscuro, “Avrei davvero voluto lasciarti vivere, Cassandra, ma non mi hai lasciato scelta, preparati a cadere!”, avviso con le lacrime agli occhi, “Ebbene, se le Fauci Mortali non bastano, ecco che il Morso Nero ti darà la fine che tanto ricerchi!”, la ammonì con determinazione.
La sacerdotessa di Atena, però, non si arrese: il suo cosmo brillante esplose, circondandola, mentre a fatica si rialzava, stringendo il pugno, “Ammetto di non poter sapere cosa sia successo a te, Ippolita ed Umba sull’Isola della Regina Nera, ma per quanto anche a me pianga il cuore nel doverti affrontare, Megara, non dubiterò più! Ho appreso con troppo dolore quanto importante sia la Fede quando si combatte e non vacillerò, non per il ricordo della nostra amicizia! I tuoi compagni, i Ladri di Divinità minacciano Atena direttamente adesso, non posso fermarmi, né arrendermi!”, sentenziò decisa la guerriera di Canis Maior.
“Così sia, dunque!”, esclamò seria Megara, “Dankoma Melas!”, urlò poi, calando decisa il braccio in avanti, mentre la figura di gigantesco serpente nero correva verso la consacrata di Atene; “Kunegos Fotismou!”, ribatté questa, liberando il segugio di luce contro l’oscura avversaria.
La luminosa manifestazione del segugio Lelalpo parve quasi aggredire l’oscura serpe avversa, prima che la strisciante entità di puro cosmo evitasse il confronto, lanciandosi addosso alla sacerdotessa di Canis Maior, travolgendola e spingendola con violenza al suolo, la spalla destra segnata da una nera infezione che stava già iniziando ad allungarsi verso il braccio ed il petto.
Ofiuco Oscuro, altresì, non ebbe maggiore fortuna poiché cercò d’evitare il segugio d’energia, ma ne fu comunque colpita, morsa alla gamba e costretta al suolo, dolorante, mentre osservava la compagnia d’un tempo ormai sconfitta e le sorti toccate agli attuali alleati: uno ucciso dal cavaliere della Croce del Sud, l’altro intrappolato nella sabbia dal Dominatore di Scirocco.
Un sorriso le si dipinse sul volto, malgrado la situazione.

***

Akab della Vela Nera era perplesso, a dir poco: la Comandante dei Dominatori dei Venti, Okypede del Grecale, lo aveva sconfitto, ma non lo aveva ucciso. Certo, le nere vestigia delle Vela erano ormai distrutte, del mantello difensivo ben poco era rimasto e le sue gambe erano ancora bloccate dal gelo del cosmo dell’altra, ma quella non lo aveva ucciso, anzi lo stava trasportando verso la Sala Centrale, seguendo non sapeva bene quali piani che qualcuno aveva comunicato alla sua mente.
Okypede del Grecale, dal canto suo, stava trascinando il nemico, per quanto pesante, con se.
Aveva deciso di non ucciderlo, forse il suo maestro avrebbe criticato il suo modo di fare, ma non voleva strappare la vita dall’allievo di Luis, né riteneva corretto, in generale, uccidere il proprio avversario, per quanto le fosse possibile scegliere.
Forse Noto l’avrebbe derisa, Coriolis avrebbe accettato con un silenzio quella sua scelta, ma lei era la comandante dei Dominatori dei Venti e le sue scelte dovevano essere libere dal giudizio dei propri compagni!
Compagni che, inaspettatamente, aveva sentito nella propria testa poco dopo la fine dello scontro, quando aveva avvertito una voce sconosciuta, presentatasi come una delle sacerdotesse di Atena, di nome Gwen di Corvus, ed assieme a lei quella di Coriolis del Maestrale, che le proponevano un piano per superare la barriera che sembrava essere stata sollevata attorno alla sala centrale, per impedire che chiunque potesse disturbare ciò che gli invasori stavano compiendo in quel luogo.
Attaccare contemporaneamente da tutti e quattro i corridoi, quello era il piano; già la sacerdotessa, assieme a Coriolis, era pronto da quello che proveniva dall’Anticamera di Maestrale, mentre Noto con Aliseo ed altre due guerriere di Atena si erano portati all’ingresso del Libeccio e lei stava per raggiungere quello di Grecale.
“Nessuna notizia dall’Anticamera dello Scirocco?”, domandò ad alta voce Okypede, “Di cosa parli?”, balbettò perplesso il nero nemico, prima che una voce ben più consapevole rispondesse nella sua mente.
“Nessuna notizia, ho provato a raggiungere Cassandra di Canis Maior, ma sembra ben più lontana di quanto dovrebbe essere, mentre Damocle di Crux sembrava essere stato invaso psicologicamente.”, spiegò Gwen di Corvus, “Lothar, inoltre, sembrava impegnato in un qualche scontro.”, aggiunse Coriolis, “Forse avremo più fortuna adesso.”, suggerì poco dopo, prima che il cosmo della sacerdotessa di Atene riprovasse ad espandersi verso l’Anticamera dello Scirocco.

***

“Arrenditi, guerriera nera, e dimmi cosa ne è stato del mio maestro!”, urlò Lothar verso l’Ofiuco Oscuro, “Sei l’unica avversaria rimasta e per quanto hai avuto ragione della più ferita fra i tuoi avversari, altrettanto non potrai sperare contro di noi.”, affermò, prima di volgere lo sguardo verso il santo d’argento che gli si era avvicinato, per quanto questi fosse visibilmente preoccupato per la sacerdotessa al suolo con ormai quasi tutto il braccio di uno scuro colore.
“Pensi davvero di aver avuto ragione di Kurnak con così poco? Povero folle! Dovrai chiedere aiuto al piccolo Damocle e nemmeno così potrai avere la certezza di vittoria!”, lo apostrofò Megara, prima che un’esplosione di energia disperdesse la sabbia, cristallizzata, lasciando libero il nero Corvo, che espanse il cosmo attorno a se.
“Distruggi il guerriero di Eolo, ma lascia il piccolo Damocle per me.”, esordì allora Megara verso il proprio alleato, “Spero che lui sia più ragionevole di Cassandra…”, sussurrò, prima che proprio il santo d’argento le indicasse qualcosa, “Non pensare che sia così facile vincere la sacerdotessa di Canis Maior, sa essere piuttosto caparbia.”, affermò con soddisfazione il cavaliere d’argento, mentre proprio l’allieva di Olimpia si rialzava in piedi, pronta alla battaglia.
“Kurnak, cambio di piani: occupati tu di entrambi.”, tagliò corto l’Ofiuco Nero, mentre già il cosmo possente di cui era padrone avvolgeva l’Oscuro Corvo.

“Sicuro di non voler aiutare la tua compagnia d’armi, cavaliere di Atena?”, chiese Lothar, prima che l’energia attorno a Kurnak iniziasse a vibrare, sollevandolo da terra ed avvolgendolo in due gigantesche ali nere, che, lentamente, lo circondarono, prendendo la forma di un gigantesco corvo oscuro attorno a lui; “No, credo che resterò ad aiutarti, dominatore di Eolo.”, suggerì con un mezzo sorriso Damocle, portandosi in posizione di guardia.
“Algorab!”, urlò il massiccio guerriero oscuro, sollevandosi ancora più in alto e lasciando che un’ondata d’energia, simile ad un gigantesco artiglio, corresse verso i due bersagli, che, però, furono lesti nello spostarsi, evitando l’attacco e portandosi sui due lati del comune nemico.
“Crux Argentii!”, invocò deciso il santo di Atena, “Sabbie dello Scirocco!”, gli fece eco il Dominatore dei Venti, combinando il proprio attacco a quello alleato, puntando a colpire il nemico da ambo i fianchi, ma fu più svelto Kurnak, sollevandosi ancora più in alto e lasciando che le nere ali di quella manifestazione d’energia bloccassero la corsa delle due tecniche avverse, permettendogli poi di lanciarsi in picchiata proprio contro il seguace di Eolo.
“Ghibli, difendimi!”, imperò Lothar, vedendo la mastodontica sagoma del corvo schiantarsi famelica contro di lui, ma per quanto potenti fossero le sabbie del deserto spinte dal Vento di Sud-Est, la furia del nero predatore dei cieli sembravano superarla in modo schiacciante, tanto da scavare con i duri artigli d’energia fra i dorati granelli, correndo inesorabili alla preda.
“Crux Argentii!”, urlò d’improvviso una sagoma luminescente di cosmo, apparendo di fianco al guerriero di Eolo e liberando un possente fendente a croce, che investì gli artigli oscuri lì dove questi avevano oltrepassato la sabbia, costringendo l’Ombra che li aveva generati ad indietreggiare, prima che una seconda coppia di fendenti la respingessero del tutto, mentre le calde correnti di scirocco disponevano una possente difesa attorno ai due guerrieri seguaci di divinità elleniche.

Megara, intanto, osservava in silenzio Cassandra rialzarsi, il braccio destro che pendeva dal fianco, inanimato, così come la spalla, che sembrava quasi un peso, mentre la gamba quasi pareva cedere, incapace di mantenere il corpo, per metà già anneritosi.
“Avresti dovuto accettare la necrosi del Morso Nero, ti avrebbe dato una morte dolorosa, sì, ma sempre meglio che rischiare la vita continuando a combattere.”, suggerì l’Ofiuco Oscuro, ma l’altra non sembrava ascoltarla, né pareva intenzionata affatto a parlare, semplicemente chiuse il pugno sinistro, ricolmo d’energia cosmica, “Broké Fotismou!”, urlò soltanto la sacerdotessa d’argento, liberando la fitta rete di luce contro l’altra.
La guerriera amata da Cicno cercò d’evitare l’attacco, spostandosi al suo interno, finché non si rese conto che questo era troppo veloce persino per lei, che ne fu d’improvviso travolta e respinta indietro, fino a schiantarsi malamente al suolo.
Fu allora, alla vista dell’Ofiuco Nero sul terreno, che Kurnak atterrò, proprio di fianco a lei, il cosmo che già li circondava e difendeva, mentre di nuovo Cassandra cadeva al suolo, frontalmente, priva di ulteriori forze.
“Volete continuare la battaglia, invasori?”, domandò allora Lothar, da dietro le sabbie dello Scirocco, “No, non sarebbe saggio.”, rispose, sorprendendo persino il Dominatore dei Venti, proprio l’Ofiuco Nero, rialzandosi in piedi, ferita non gravemente e poggiando una mano sulla spalla di Kurnak, che quietò il proprio cosmo.
Fu allora che la rinnegata sacerdotessa d’argento si avvicinò alla compagnia di passati allenamenti, “Non toccarla!”, urlò Damocle, ma l’altra era ormai troppo vicina e, con la mano brillante di un bianco cosmo, affondò due dita nella schiena di Cassandra, “Afi Zois!”, sussurrò Megara, prima di allontanarsi verso il proprio compagno d’armi.
Il cavaliere di Crux, intanto, era già scattato all’attacco, per essere respinto da un’ondata d’energia del nero Corvo, che lo sbilanciò, portandolo a cadere al suolo, proprio mentre, con un mugolio di dolore la sacerdotessa di Canis Maior iniziava ad alzarsi sulle ginocchia, scoprendosi, inaspettatamente, priva di infezioni nere.
“Così come il mio tocco porta la morte, può portare anche la vita!”, avvisò Megara, “Ma se continuerete la vostra corsa per la sala centrale, la vita che ti ho restituito, curando tutte le ferite di questi giorni di battaglia, sarà ben breve, mia vecchia amica, poiché non altrettanto ho fatto con le tue forze, quelle non ti sono state restituite.”, concluse l’Ofiuco Nero, poggiando una mano sulla spalla del massiccio compagno e bisbigliandogli qualche parola, prima di scomparire con lui in un’esplosione d’energia che li lanciò oltre il tetto ormai distrutto dell’Anticamera.
“Dove andate?”, urlò Lothar, pronto quasi ad inseguirli, prima che un gesto di Damocle lo fermasse, “Hai detto che l’urgenza di sapere del tuo maestro ti muove, ma non è l’azione più saggia inseguirli: assieme non siamo riusciti a sconfiggere il Corvo Nero e non sappiamo nemmeno quali siano i veri poteri di Megara, anche se, di certo, si è dimostrata compassionevole.”, osservò il cavaliere di origini italiane, volgendosi verso la propria parigrado, che in silenzio sembrava contemplare, attraverso la maschera d’argento, le ferite sanatesi sul suo corpo.
Fu proprio mentre il Dominatore di Scirocco stava per replicare alle parole dell’allievo di Kalas che una voce s’intromise in tutte le loro menti, una voce nota ai due santi di Atena e che ben presto anche il guerriero di Eolo avrebbe conosciuto, assieme al piano per giungere nella Sala Centrale del tempio dei Venti.

***

“Stanno arrivando.”, così aveva esordito Ariete Oscuro.
Erano passati alcuni minuti dalla fine dell’ultima delle battaglie nelle Anticamere; in quei pochi minuti Luis aveva seguito l’affluire dei cosmi di diversi guerrieri verso i due ingressi alla sala dal fianco orientale, così come altri aveva già avvertito adunarsi sul lato opposto.
Solo allora, quando tutti, escluse le due entità nere che volavano al di sopra del tempio, furono dinanzi alla barriera eretta da Wuluwaid, attaccarono, contemporaneamente, con precisione incredibile, distruggendo la barriera che divideva la Sala Centrale dal resto del tempio ed ora il Sagittario Nero ne sentiva i passi.
I primi ad arrivare giungevano dal corridoio Nord Occidentale.
Luis riconobbe Coriolis di Maestrale, leggermente invecchiato rispetto all’ultimo loro incontro, segnato dalla battaglia avuta contro il suo allievo, Kirin, ma di certo lui, con il Tridente dei Venti stretto nel pugno e, di fianco al Dominatore, una sacerdotessa di Atena, come la sua maschera la identificava, dalle vestigia però sconosciute.
“Dunque anche tu, Favonio, hai deciso di mostrarti per il traditore che sei, di fianco a Luis!”, lo accusò prontamente il guerriero di Eolo, mentre la giovane fanciulla rimaneva in silenzio e solo il suono dei passi in avvicinamento si poteva udire.
Passi che provenivano dai due corridoi meridionali.
Non ebbe difficoltà Luis a riconoscere Noto del Libeccio, mentre dei tre che lo seguivano non seppe distinguere le identità: un giovane dal corpo ustionato e ben poche vestigia a ricoprirlo, una sacerdotessa di Atene in condizioni non molto dissimili ed infine una giovane guerriera dall’armatura sconosciuta che si celava il volto con un velo improvvisato.
“Favonio, cosa fai di fianco ai guerrieri neri?”, domandò l’uomo ustionato, “Non è ovvio? Ci ha traditi, scommetto che fin da allora eravate in combutta, vero Luis?”, ringhiò il figlio di Austro verso di lui, che sorrise, fingendo beffarda sicurezza, mentre già l’altro riprendeva: “Chi di loro sarebbe Luis?”, ricevendo un cenno da parte di Noto, “Quello con il viso sfigurato è il tuo predecessore, Aliseo.”, rispose il dominatore di Libeccio, permettendogli di identificare l’uomo ferito come il suo successore nel controllare il vento di Ponente.
“Maestro, non è possibile!”, esclamò allora un’altra voce, dal lato opposto, portando il Sagittario Nero a voltarsi per vedere un altro trio di sconosciuti: di certo una era una sacerdotessa guerriero, con al fianco un cavaliere di cui non riconosceva le vestigia ed il nuovo Dominatore dello Scirocco ad aprire il gruppetto, un dominatore che aveva appena chiamato Favonio suo maestro, un altro povero illuso, vittima delle macchinazioni dell’uomo che su di lui comandava.
“Purtroppo è così, Lothar.”, esclamò allora, dal corridoio orientale del Nord una voce di donna che fece fermare per qualche istante il cuore di Luis, prima ancora di vederla, bellissima come la ricordava, mentre lasciava cadere al suolo il corpo sfinito di Akab: anche lei era arrivata, Okypede di Grecale.
“Favonio ci ha tradito, forse il suo tradimento è antico quanto quello di Luis stesso…”, ammise tristemente la Dominatrice dei Venti, guardandosi attorno, prima che dei passi, alle spalle del Sagittario Nero, introducessero un altro partecipante a quella riunione.
“In effetti, da sempre il mio unico obiettivo era l’Otre dei Venti di Eolo, ma il primo tentativo non è andato poi così bene, quindi ho pensato di usufruire di un po’ più di aiuto questa volta, dato da questi Homines Novi e dalle Ombre che sanno ben pilotare per i loro propositi.”, rise Favonio, volgendo lo sguardo verso Akab, al suolo, impotente, mentre Luis inghiottiva un altro amaro boccone in silenzio.
Fu proprio a quel punto che un’esplosione sul soffitto catturò l’attenzione dei guerrieri di Atena e di Eolo, tanto quanto quella del Sagittario Nero, un’esplosione che portò all’apparizione di Megara e Kurnak sul campo di battaglia.
Ora la Sala Centrale del tempio dei Venti era affollata da tutti i combattenti sopravvissuti alla lunga giornata di battaglie.

“Bene!”, esclamò d’improvviso la voce di Persefone dei Pesci Neri, portando sia Luis, sia Favonio, sia i guerrieri lì riuniti per fermarli, a rivolgersi verso di lei, “Ora che siamo tutti presenti, potremo concludere finalmente questa giornata di battaglie e portare chi di voi ne è meritevole, fino alle bocche dell’Ade, per abbandonare questa ennesima vita che stava consumando.”, rise pacata la fanciulla dalle vestigia d’oro oscuro.
“Giusto! Lasciamo a questi ultimi tre vostri servitori la battaglia ed occupiamoci di concludere il Rituale di cui parlavate.”, concordò il Dominatore di Levante con un ghigno soddisfatto.
“No!”, urlò, quasi senza rendersene conto, il Sagittario Nero, consapevole che l’arrivo dei due membri del Sestetto era l’unico modo per salvare l’ultimo dei suoi allievi, “Combatteremo noi. Megara e Kurnak raggiungeranno il punto di ritrovo assieme ad Akab.”, ordinò deciso, ricevendo uno sguardo perplesso, a tratti divertito, da parte di Favonio, prima che fosse un altro dei presenti a parlare, Wuluwaid.
“Il piano del Sagittario è buono. Possono ancora aiutare la nostra causa i guerrieri neri sopravvissuti! Inoltre il rituale è prossimo alla fine, dopo che avrete sciolto il blocco sull’Otre di questa divinità, basterò io per concluderlo.”, affermò pacatamente l’Ariete Oscuro.
“E credete che vi lasceremo tutto questo tempo?”, domandò, incandescente nelle correnti calde che lo circondavano, Noto del Libeccio, “Non servirà certo chiedervi il permesso!”, ribatté sicuro Luis, “Perché sarete schiacciati dalle mie Ali di Zefiro!”, imperò, chiudendo su di se le braccia, prima di aprirle di scatto, liberando una potente corrente d’aria, che come un tornado circondò l’ambiente, rivoltandosi contro tutti i seguaci di divinità greche lì riuniti.
Fu con grande stupore del Dominatore rinnegato, però, che si rese subito conto di come la sua corrente d’aria fosse bloccata dal potere della giovane sacerdotessa sopraggiunta con Coriolis: una barriera mentale in cui ora scivolavano, fondendosi, le correnti d’aria del Maestrale, di Ponente, del Libeccio, dello Scirocco e del Grecale, creando un anello di venti che conteneva quello da lui generato, fino a lanciarlo verso il cielo, disperdendolo.
“Sono più forti dei tempi in cui tu facevi parte del nostro piccolo gruppo, o pensi che sia solo il numero e l’aiuto dei cavalieri d’Atena ad aver permesso a questi Dominatori di vincerti, Luis?”, chiese beffardo Favonio, facendosi avanti, “Non preoccuparti, comunque, come ben sai, tutti i servi di Eolo sono, in realtà, miei servi!”, rise, schioccando le dita.
Bastò un istante e tutti i Dominatori dei Venti rimasero immobili: buffe statue nelle loro impassibili smorfie ed espressioni, mentre le sacerdotesse di Atene ed il cavaliere loro pari li guardavano, di certo tutti quanti sgomenti, anche le maschere non permettevano a Luis di esserne certo. Nessuno poteva sfuggire all’assoluto potere di Favonio se questi desiderava farne uso.
Fu quello il momento per il Sagittario Nero: “Presto, Ofiuco, Corvo, portate via Akab e raggiungete il luogo d’incontro!”, ordinò e, per quanto anche Megara fosse perplessa, lo leggeva nello sguardo di lei, i due scattarono verso il compagno dalle gambe congelate.
“Dove credete di andare?”, ruggì la guerriera dai capelli rossi ed il velo a nasconderle il volto, prima che un tentacolo di luce scarlatta, quasi una frusta, la investisse in pieno, costringendola ad indietreggiare per difendersi.
Altri quattro tentacoli, simili al primo, nacquero all’istante dal corpo di Wuluwaid, tutti di colori diversi, tutti diretti verso uno specifico santo di Atena: uno azzurro correva contro la giovane dai poteri psichici; uno arancione verso la ragazza che era giunta con Noto ed il nuovo dominatore di Ponente; uno indaco verso il cavaliere d’argento ed infine, contro l’ultima sacerdotessa guerriero, uno di colore verde.
Bastarono quelle semplici emanazioni cosmiche a concedere il tempo necessario per recuperare Akab della Vela Nera.
“Mi perdoni, maestro…”, sussurrò appena il giovane guerriero, “Non preoccuparti, ragazzo mio, ben presto ci rivedremo e combatteremo ancora insieme, non hai niente da farti perdonare, ti avevo avvisato delle abilità della tua avversaria.”, rispose gentilmente il Sagittario Oscuro, prima che il trio di guerriero d’argento nero si allontanasse, scomparendo nell’aere, circondati dal cosmo di Kurnak.
Fu solo allora che il cosmo di Wuluwaid si ritrasse e l’effetto dei poteri di Favonio scomparve, lasciando i Dominatori dei Venti spaesati ed i cavalieri di Atena in guardia contro i prossimi attacchi.
“Sagittario Nero e tu, nostro futuro confratello, compite il vostro dovere, poi potrete decidere se combattere.”, ordinò a quel punto Persefone, mentre una fitta selva di fiori dai petali scarlatti si alzava a circondare i quattro invasori del tempio e già i due che comandavano i venti si avvicinavano all’Otre di Eolo.
Luis sapeva esattamente cosa doveva fare, lo aveva saputo fin dal primo tentativo, fallito anni fa, ed ora, unendo le proprie correnti a quelle di Favonio, pilotò il sacro cimelio del dio greco fino a sganciarlo dalla sua posizione rialzata, sollevandolo, finché non fu inglobato dal cosmo multicromatico di Wuluwaid, che iniziò ad espandere il proprio potere attraverso quel divino oggetto.

“Lasciate andare l’Otre!”, imperò subito Noto, rilasciando potenti fiammate di cosmo, che si alzarono attorno ai fiori di Pesci Oscuri, “Non penso proprio che lo faremo, cuginetto…”, ridacchiò Favonio, volgendo la propria attenzione verso il giovane Dominatore, “E tu di certo non potrai fermarci, nessuno di voi potrà!”, li ammonì sicuro, prima che tutti e dieci i guerrieri presenti lasciassero esplodere i loro cosmi all’unisono, disperdendo i fiori scarlatti.
“Uniti sono forti…”, sussurrò, piacevolmente sorpresa, Persefone, “Divisi, chissà…”, propose poco dopo, volgendo lo sguardo proprio verso Luis del Sagittario.
Il nero guerriero aprì le ali dell’armatura e, sospinto dai venti che governava, s’innalzò fin sul tetto ormai distrutto, “Chi di voi vuole morire per mia mano, così come avvenne al vecchio Austro?”, domandò sarcastico e maligno il Dominatore Rinnegato, ottenendo proprio il risultato sperato: in un’ondata di fiamme e vento, Noto del Libeccio lo raggiunse, atterrendo pochi passi dinanzi a lui.
“Solo tu mi affronterai, ragazzo? In memoria di tuo padre?”, chiese ancora, prima che una nuova corrente gli raggelasse il cuore, “No! Come comandante dei Dominatori, spetta anche a me il dovere di sconfiggerti, doppiamente, dato come mi tradisti in passato.”, avvisò la voce di Okypede del Grecale, ora in piedi di fianco all’altro guerriero di Eolo.
“Ed anch’io mi unirò a voi, per sconfiggere colui di cui ho sempre cercato di vincere il triste e vergognoso ricordo! Che Aliseo di Ponente possa finalmente togliersi di dosso il fantasma del suo predecessore!”, esordì sicuro il giovane dal corpo ustionato, pronto a combattere al fianco dei compagni.

Nella sala centrale, intanto, Favonio di Levante osservava i due Dominatori rimasti indietro, “Se non siete andati a combattere contro Luis, immagino che sia io il vostro obiettivo.”, analizzò pacatamente, “Il tuo tradimento è ben più grave di quello del vecchio guardiano di Ponente e per questo pagherai.”, lo ammonì subito Coriolis, puntando contro l’altro il proprio tridente, mentre già Lothar gli si portava accanto, “Maestro, non posso credere che voi abbiate tradito l’ordine di Eolo, ma non posso concedervi di fuggire al vostro crimine! Arrendetevi, vi prego, e chiariremo i fatti, altrimenti dovremo catturarvi con la forza.”, suggerì l’arabo.
“Catturarmi con la forza? Non hai speranze contro di me, giovane Lothar, e ben presto te ne renderai conto, così come quello sciocco che ti è accanto.”, li derise sicuro il traditore.
“Sacerdotesse, se permettete, io andrò in aiuto di questi due guerrieri di Eolo!”, esordì allora una voce alle spalle dei Dominatori, portandosi sul fianco opposto di Coriolis, la voce di Damocle di Crux, “Mi sembra evidente che costui ha un qualche potere sui suoi passati compagni, darò quindi loro una mano.”, suggerì il cavaliere.
“Fai pure, discepolo di Capricorn, noi quattro basteremo per affrontare questa donna dalle nere vestigia dei Pesci.”, sentenziò Iulia dell’Altare, osservando, da dietro la propria maschera, la donna di nome Persefone, che sorrise vedendo le quattro seguaci di Atena.
“Che sia una battaglia fra donne la nostra!”, esordì lieta l’oscura avversaria, pronta alla lotta.
Le ultime battaglie presso il tempio di Eolo stavano per iniziare.
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